#2022.12 Dicembre

Il riassuntone dell'ultimo dell'anno.

#2022.12 Dicembre

Ciao a tuttз! Sia che mi seguiate da inizio anno o che siate qui dall’altro ieri, volevo ringraziarvi per il vostro supporto: questo posto non esisterebbe senza di voi.

Non è una frase di circostanza. Con molta probabilità avrei studiato e preso appunti su tutto quello di cui abbiamo parlato qui dentro comunque, anche senza l’occasione di una newsletter, ma non sarebbe stato lo stesso. Succede qualcosa di importante quando si passa dal parlarsi addosso al raccontare qualcosa all’esterno.

Prima cosa, almeno per me: l’ordine. La comunicazione richiede un qualche tipo di struttura, che sia lineare o stravagante, non importa, quello che funziona va bene. Making Pictures mi ha portata a raccogliere tutte le note sparse, i foglietti infilati nei diari, le pagine con le orecchie (sì, sono quel tipo di lettrice che i libri li usa e li usura) per metterli da qualche parte, di modo che fossero comprensibili e accessibili. Ho imparato a fare delle scelte, a lasciare indietro e a buttare qualcosa. Nel corso di tutto l’anno questo processo ha trasformato il mio pensiero e mi rendo conto di essere una fotografa, e una persona, immensamente diversa rispetto a quanto avrei potuto essere continuando solo a studiare e a lavorare. E mi piace. Grazie per questa esperienza.

Non che ci sia niente di male a rimanere esattamente dove si è, anzi.

«A ogni buon conto, il mio consiglio a chiunque desideri ritrovare se stesso è di rimanere esattamente dov’è. Altrimenti rischia davvero di perdersi una volta per tutte». Jostein Gaarder, L’enigma del solitario. TEA, 2015.

C’è chi sostiene che le persone abbiano una spinta innata verso il miglioramento. Non sono d’accordo. Questo pensiero è figlio di una visione lineare e crescente del progresso che, in sostanza, è un’invenzione abbastanza moderna. L’unica “spinta” che mi convince è l’adattamento: modifichiamo noi stessз e l’ambiente che ci circonda per starci, in qualche modo, per un certo periodo di tempo, quando ne sentiamo l’esigenza.

«La geometria di Tlön comprende due discipline abbastanza diverse: quella visiva e quella tattile. L’ultima corrisponde alla nostra e viene subordinata alla prima. Alla base della geometria visiva c’è la superficie, non il punto. Questa geometria ignora le parallele e afferma che l’uomo sposandosi modifica le forme che lo circondano». Jorge Luis Borges, Finzioni. Adelphi, 2003.

Nel farlo non cresciamo, nel senso che non diventiamo migliori di prima, ma ci trasformiamo. Acquisiamo conoscenze nuove, perdiamo qualche pezzo per strada. Se consideriamo un’istante specifico, ecco, noi lì, in quel preciso momento, forse siamo una persona diversa da tutte quelle del passato e del futuro. E se consideriamo la totalità di tutti gli istanti, allora siamo tutte quelle persone. Che è una ricchezza che trovo magnifica, perché ogni volta che fotografiamo siamo sia noi in un istante che in tutti i secondi della nostra vita.

Making Pictures si prende un paio di settimane abbondanti di pausa, ci risentiamo dopo la metà di gennaio. Ho bisogno di rivedere un po’ di cose prima di ripartire, e di finire di impaginare e spedire la versione stampata per gli abbonamenti annuali a pagamento.

Dal 2023 pubblicherò un articolo al mese in italiano. Partirà anche la versione in inglese, che in sostanza sarà la traduzione e rivisitazione di tutto quello che ho scritto qui dentro finora. Saranno due newsletter separate, per cui se seguite la versione in italiano non riceverete quella in inglese (a meno che non vi iscriviate direttamente).

Inoltre, sempre da gennaio, tutti gli articoli saranno pubblici. Chi sceglierà di supportare Making Pictures attraverso un abbonamento a pagamento riceverà a casa una copia adattata, stampata e impaginata di tutti gli articoli pubblicati su Making Pictures nel 2022. E un seconda “cosa” a sorpresa (che potrete utilizzare, non resterà a fare polvere sul comodino)!

Trovate tutte le novità del 2023 nel riassuntone di Novembre, che vi metto qui sotto nel caso ve lo siate perso.

#2022.11 Novembre
Di novembre si può dire di tutto tranne che sia portatore di novità. Dalle mie parti c’è chi lo chiama “il mese dei morti”, tanto per non alimentare aspettative. Di sorprese positive in questo periodo non ce ne saranno neanche per sbaglio. Solo certezze. Come le tasse che devo mettere in pagamento appena chiudo il post.

Vi faccio i miei migliori auguri di Buone Feste e di un sereno 2023!

Un abbraccio, passo e chiudo. Ci risentiamo a fine gennaio ;)

Argomenti trattati

Il tranello più grande quando si cerca di affrontare un cliché è che proprio nel cercare di smontarlo si rischia di finirci dentro fino al collo. Gli stereotipi non si possono smontare o distruggere. Si devono allargare, solo così possiamo raggiungere delle rappresentazioni più inclusive.

Gli artisti costruiscono un mondo, e non basta camparci dentro una manciata di immagini “diverse” perché funzioni: bisogna ordinarlo un po’, renderlo abitabile e visitabile anche dall’esterno.

Nella fotografia in generale il lavoro da fare è immenso e necessario. Gli stereotipi sono forti e resistenti, spesso rendono difficile e criticato qualsiasi tentativo di cambiamento. Bisogna passarci in mezzo e lavorarci.

#2.8 Allargare lo stereotipo
Il sottotitolo proviene da un post-it scarabocchiato a matita che ho ritrovato in un vecchio quaderno. È una citazione, forse di Umberto Eco o di qualche saggio su di lui. Forse questa frase viene addirittura da Barthes. Non ne ho la più pallida idea

C’è stato un lungo momento, quest’autunno, in cui mi sono sentita allo stesso tempo sia un po’ stupida che presuntuosa nel voler scrivere di stereotipi e fotografia. Ma forse è proprio qui che sta il nodo della questione. Per me, in questo momento, l’errore più grande è proprio non mettere mai in dubbio l’ordinario, la sostanza nella quale siamo immersi tutti i giorni.

«Fish discover water last». Roche Mamabolo, Fish discover water last, 2020.

Mi sono buttata nella carriera di fotografa ritrattista qualche anno fa. Ad un certo punto mi sono resa conto che stavo, senza volerlo, trattando le persone che fotografavo sempre più come problemi da risolvere e non come individui da osservare e ascoltare. Come soluzione cercavo ogni volta di ritornare all’immagine stereotipata. Perché è una certezza.

Perché ogni volta che consegni una galleria dentro di te hai paura che le fotografie non piacciano. Perché fai di tutto per evitare l’ennesimo “non mi vedo”. Perché è l’insicurezza che parla. E va bene fino ad un certo punto, è adattiva, aiuta ad ascoltare e vedere in maniera attiva. Ma non quando prende il sopravvento. Perché è quella roba che ci fa fare il minimo indispensabile che pensiamo possa funzionare. E invece ci fa solo ripiegare su noi stessi.

Credo che rinchiudersi nel proprio bozzolo e nelle proprie idee nel momento in cui ci si trova di fronte a una persona da ritrarre sia una delle decisioni peggiori che si possano prendere. Si interrompe qualsiasi possibilità di relazione e comunicazione invece di giocare con l’ovvio, srotolando e ricucendo il tessuto sociale. Mischiando tutte le cose che abbiamo imparato, le esperienze vissute, dandoci il tempo, lo spazio e l’occasione di dire qualcosa con la nostra voce.

#2.9 Come l’acqua per i pesci
Questo è l’ultimo articolo sugli stereotipi e il penultimo per quest’anno. Saluterò il 2022 davanti alla stufa scrivendo il riassuntone di dicembre e mangiando…

Appunti e citazioni

Sarah A. Soule, Davina Drabkin e Lori Nishiura Mackenzie, The Stereotypes in MBA Case Studies. Harvard Business Review, 2019.
«In fact, stereotypes are a bit like air: invisible but always present». Magdalena Zawisza, The terrifying power of stereotypes – and how to deal with them. The Conversation, 2018.
«Con il concetto di potere disciplinare, Foucault introduce anche l’elemento dell’invisibilità del potere. Per cui questo non tende più a manifestarsi attraverso le dinamiche della violenza fisica, bensì attraverso un meccanismo di norme, disposizioni e procedure. Questo nuovo meccanismo del potere ha come soggetto non più il corpo dell’individuo, ma la sua anima. In altre parole nel passaggio dalla visibilità all’invisibilità, il potere non intende più manifestare esternamente la propria potenza, bensì intende assumere una struttura meno definibile in grado di incidere e plasmare le relazioni sociali e i comportamenti del destinatario.

Da ciò la grande innovazione del pensiero di Foucault per cui il potere disciplinare è tale nella misura in cui si nasconde, cioè il destinatario del potere fa propri i comportamenti e le azioni che i meccanismi di potere intendono ottenere». Francesco Cavalluzzo, Michel Foucault e le pratiche di potere e controllo israeliano in Cisgiordania. AMIStaDeS, 2020.
«Preferirei non scrivere nulla piuttosto che far propaganda del mondo così com’è». Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.
«No locks, no limits, except that I continue to respect them as people». Eugene Richards in Anne-Celine Jaeger, Image Makers. Image Takers. Thames&Hudson, 2010.
«A man with a conviction is a hard man to change. Tell him you disagree and he turns away. Show him facts or figures and he questions your sources. Appeal to logic and he fails to see your point.

We have all experienced the futility of trying to change a strong conviction, especially if the convinced person has some investment in his belief. We are familiar with the variety of ingenious defenses with which people protect their convictions, managing to keep them unscathed through the most devastating attacks.

But man’s resourcefulness goes beyond simply protecting a belief. Suppose an individual believes something with his whole heart; suppose further that he has a commitment to this belief, that he has taken irrevocable actions because of it; finally, suppose that he is presented with evidence, unequivocal and undeniable evidence, that his belief is wrong: what will happen? The individual will frequently emerge, not only unshaken, but even more convinced of the truth of his beliefs than ever before. Indeed, he may even show a new fervor about convincing and converting other people to his view». Leon Festinger, When Prophecy Fails: A Social and Psychological Study of a Modern Group that Predicted the Destruction of the World. Edizione Kindle, 2015.
«The photo-album that Erickson donated to the ONE Archives is extraordinary. Erickson wore his wealth openly. He dressed to the nines, escorted beautiful women on his arm, and owned a pet leopard! His “ego trip,” which was probably carefully edited to present a coherently masculine history, includes pictures of him at the age of ten dressed in a sailor outfit; images of him in a suit and tie from his teens; and casual photographs of him with fancy cars, fancy women, and large cats.

[…]

He seems to step into history in this image as a symbol of the many trans men who have not bothered to ask permission to marry, to inhabit dominant forms of masculinity, to play, to love, and to leverage masculine power to fund social justice projects. […] Erickson wrote himself into masculinity and changed its definition completely in the process. While the histories of other, less privileged trans men may lie hidden in police records and medical accounts, this trans man used his wealth, social status, and own sense of possibility to interrupt the mystical unity of men among men. With his leopard by his side as a marker of a kind of wildness, Erickson reminds us that when looking for trans male histories, we have to attune our gaze to often magical masculinities[…]». Jack Halberstam, Eric’s Ego Trip. Aperture Archive, 2017.
«Being able to “go beyond the information” given to “figure things out” is one of the few untarnishable joys of life. One of the great triumphs of learning (and of teaching) is to get things organized in your head in a way that permits you to know more than you “ought” to. And this takes reflection, brooding about what it is that you know. The enemy of reflection is the breakneck pace - the thousand pictures». Jerome Bruner, The Culture of Education. Harvard University Press, 1997.
«Fish discover water last». Roche Mamabolo, Fish discover water last, 2020.
«Human beings are very similar when it comes to our own “environment,” our rituals, norms, beliefs, and our identity.

We are so immersed in our “environment” that it is difficult for us to see it, just like the fish doesn’t see the water.

“Fish discover water last” is a proverb that begs us to ask ourselves a question: What do we most take for granted in our lives.

[…]

What is that thing you take for granted?

What is your water?

Water? Where is water?». Roche Mamabolo, Fish discover water last, 2020.
«[…] il mondo oggettivato perde la sua capacità di essere visto come creazione umana e si fissa come fattualità non umana, non umanizzabile e inerte. A questo punto la realtà sociale acquista l'oggettività propria del mondo della natura: la naturalizzazione è un aspetto intrinseco alla reificazione, nel senso che quella realtà viene data per scontata al punto tale da divenire una "realtà di fatto”». Giuseppe Mantovani (a cura di), Manuale di Psicologia Sociale. Giunti Psychometrics, 2003.
«Indefinitely is a long-term work about love and an attempt at undoing distance. The work is about space created by my family's migration, and the notion that this space is not a vacuum or a void, but rather the creator of new narratives: a space of the imaginary». Katrin Koenning, Indefinitely da katrinkoenning.com.
«L’intelligenza narrativa è un’intelligenza ermeneutica, interpretativa. Si tratta di una capacità che va alla ricerca del significato di ciò che accade nella vita, della conoscenza di sé e degli altri, sia come singoli sia quale complesso inserito in un determinato assetto culturale.

Bruner scrive che non sappiamo veramente tutto sullo sviluppo del pensiero narrativo e tuttavia esistono due certezze storicamente condivise intorno a esso: la prima è che i bambini debbano conoscere il patrimonio narrativo tradizionale della loro cultura, perché esso struttura e nutre l’identità personale; la seconda è che l’invenzione narrativa stimola l’immaginazione ed è perciò d’aiuto a trovare il proprio posto nel mondo, perché per questa operazione è necessario un certo grado di attività immaginativa». Bruner e il pensiero narrativo.
«Anche gli scienziati talora credono più agli scrittori che alle loro macchine.

[…]

Lurija si mette a seguirlo, Zasetskij ha una volontà di ferro, impara di nuovo a leggere e scrive, scrive, scrive. Per venticinque anni registra non solo tutto quello che dissotterra nella caverna devastata della sua memoria, ma anche quello che gli accade giorno per giorno. Era come se la sua mano, con i suoi automatismi, riuscisse a mettere in ordine quello che la testa non ce la faceva. Come a dire che quello che scriveva era più intelligente di lui. Così, sulla carta, si è ritrovato, a poco a poco». Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana. Bompiani. Edizione Kindle.
«Keke Looking Sad, Serious, or Gloomy All the Time

Keke and I met toward the end of my photography degree, fourteen years ago. Like all the people whom I love and spend a lot of time with, he began appearing in my photographs right from the beginning: here he is sleeping, here he is running, here he is floating. At some point during my studies, however, I picked up the idea that for a portrait to be “proper” and worthy of consideration, the person in it needed to look serious. Surely if they were joyous, laughing or smiling, the picture couldn’t be “decent”. As a result, Keke would often look sad, serious, or gloomy in the photographs, even if he wasn’t feeling that way at all. How silly, I knew absolutely nothing then. Fourteen years later, it still makes us laugh». Katrin Koenning in Jason Fulford, Photo No-Nos: Meditations on What Not to Photograph. Aperture, 2021.
«Pretty much everything in life has been seen, photographed, sculpted, painted before […]. All you can do then is try to respond as best you can, with all the knowledge of the world that you’ve accumulated. What you don’t want to do is copy the work of others. And what you don’t want to do is dismiss the situation because it has been photographed before. Because if something isn’t new doesn’t mean that it’s not important». Eugene Richards in Anne-Celine Jaeger, Image Makers. Image Takers. Thames&Hudson, 2010.

Bibliografia

Ariella Azoulay, Unlearning Decisive Moments of Photography, 2018. Fonte: fotomuseum.ch.

Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.

Jerome Bruner, The Culture of Education. Harvard University Press, 1997.

Bruner e il pensiero narrativo.

Francesco Cavalluzzo, Michel Foucault e le pratiche di potere e controllo israeliano in Cisgiordania. AMIStaDeS, 2020.

Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana. Bompiani. Edizione Kindle.

Leon Festinger, When Prophecy Fails: A Social and Psychological Study of a Modern Group that Predicted the Destruction of the World. Edizione Kindle, 2015.

Jason Fulford, Photo No-Nos: Meditations on What Not to Photograph. Aperture, 2021.

Jack Halberstam, Eric’s Ego Trip. Aperture Archive, 2017.

Anne-Celine Jaeger, Image Makers. Image Takers. Thames&Hudson, 2010.

Roche Mamabolo, Fish discover water last, 2020.

Giuseppe Mantovani (a cura di), Manuale di Psicologia Sociale. Giunti Psychometrics, 2003.

Sarah A. Soule, Davina Drabkin e Lori Nishiura Mackenzie, The Stereotypes in MBA Case Studies. Harvard Business Review, 2019.

Magdalena Zawisza, The terrifying power of stereotypes – and how to deal with them. The Conversation, 2018.

Libri fotografici, serie e autori

Tomaso Clavarino, The Ballad of Woods and Wounds, 2020.

Reed Erickson, Eric’s Ego Trip, c.1967.

Chloé Jafé, I give you my life.

Katrin Koenning, Indefinitely.

Richard Mosse, Heat Maps, 2017.

Video