Che cos’è Making Pictures?

Che cos’è Making Pictures?

Un blog, una newsletter, una raccolta di appunti. La struttura è fluida, non c’è un ordine prestabilito di lettura, solo temi generali: mente e schemi, articoli a tema aperto, stereotipi, motivazione e ispirazione.

Come funziona?

Gli articoli sono pubblicati con cadenza mensile, l’ultimo venerdì per l'edizione in italiano o e l'ultimo mercoledì per quella in inglese.

Making Pictures è una pubblicazione gratuita sostenuta dal passaparola e dalle condivisioni di chi legge. Perciò, se vi piace quello che state leggendo, il modo migliore per supportare il mio lavoro è parlarne con chi vi sta intorno, se potrebbe essere interessat*.

Se non altrimenti specificato tutto il materiale scritto, le grafiche e le immagini sono realizzate da me sotto licenza CC Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Perché ho deciso di fare tutto questo

Me l’hanno chiesto in tanti. Non ho un ritorno diretto, è un’investimento. Mi nonno mi diceva sempre “impara l’arte e mettila da parte”. Ecco, Making Pictures è una di quelle parti. Ci sono cose che avrei voluto imparare tempo fa. In un certo senso è un insegnamento per la me-fotografa del passato, per facilitarle la vita, per aiutarla a risolvere questioni e sopportare le frustrazioni che la fotografia, come molte altre pratiche creative, si porta dietro. È il lato oscuro di un lavoro imprevedibile e sorprendente e, proprio per questo, meraviglioso.

«Questo fatto mantiene la fotografia un mezzo imprevedibile e sorprendente[...]. E come il fotografo sia giunto là è indescrivibile e misterioso. Chiunque voglia spiegarci l'intera questione e rendere logico e prevedibile il contenuto delle fotografie è destinato a fallire». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte).

Quando ho scritto la prima introduzione a Making Pictures, a dicembre 2021, due erano le cose difficili che dovevo affrontare. Ora ne ho molte di più.

La prima era rompere il ghiaccio, che è sempre un po’ imbarazzante quando non si ha una buona battuta di inizio. Ho investito molto tempo per scrivere e rifinire tutti gli articoli che ho pubblicato, tanto che non me ne è rimasto per l’incipit. La seconda cosa più difficile era presentarsi sapendo di scrivere sia a persone che mi conoscevano bene, sia a chi mi conosceva in parte o per nulla.

Tutte le altre sfide si sono aggiunte nel corso del 2022, man mano che gli articoli aumentavano e questa pubblicazione cresceva. Molte soddisfazioni, ma che si portano dietro quella responsabilità, quella voglia di far bene e di creare un valore per me stessa e per gli altri.

Qualche volta ho paura. Questo è un luogo dove i pensieri possono scorrazzare liberi, non un recinto di spiegazioni. Ma i dubbi e l’incertezza spaventano, e ho sempre interpretato questo disagio come sintomo del non essere abbastanza capace.

Finché non sono inciampata nel concetto di capacità negativa. L’ho trovato studiando un manuale di psicologia del lavoro. Un argomento che sembrerebbe il più noioso del mondo, e invece no. Ha radici poetiche.

«[…] several things dovetailed in my mind, & at once it struck me, what quality went to form a Man of Achievement especially in Literature & which Shakespeare possessed so enormously—I mean Negative Capability, that is when man is capable of being in uncertainties, Mysteries, doubts, without any irritable reaching after fact & reason». John Keats, On Negative Capability: Letter to George and Tom Keats, 21, ?27 December 1817. PoetryFoundation.org.

Qui è dove mi presento

Ho una vita e un percorso di studi abbastanza variegato. Scriverei multidisciplinare, se questo fosse un curriculum. I primi tre decenni li ho investiti cercando di accumulare esperienze. Lo faccio ancora, ma con l’età adulta è arrivato anche il bisogno di mettere un po’ di ordine nelle cose, che averle ammassate tutte lì nell’armadio a volte è un po’ come non averle.

«E io consiglio a voi [...] di proporvi come obiettivo quello di prendere una piccola parte del pianeta e metterla in ordine, rendendola sicura, sana di mente e onesta». Kurt Vonnegut, Ricordatevi da dove venite. In: Quando siete felici, fateci caso. Edizione (molto) ampliata.

Lavoro come fotografa in una meravigliosa valle circondata da boschi e montagne. Tutto questo fa molto bene allo spirito ma significa anche dover fare un po’ di tutto per portare avanti l’attività. Mi occupo principalmente di ritratto e fotografia commerciale, ma non mi tiro indietro ogni volta che c’è qualcosa che so e posso fare, anche al di fuori di questi ambiti. Ho un account Instagram che curo con ostinata istintualità.

Molti dei progetti che realizzo sono un intreccio di natura, individui e territorio e spesso hanno un’evoluzione lenta, tanto che nemmeno io riesco a vederne la fine. Questo fa di me una pessima creatrice di contenuti per social media. Ci vuole tempo per esplorare le montagne.

«Vi ritroverete a costruire o rafforzare la vostra comunità. Vi prego di amare questo destino, se si rivelerà il vostro: perché le comunità sono l’unica cosa di sostanza che c’è al mondo [...]. Tutto il resto sono chiacchiere». Kurt Vonnegut, Ricordatevi da dove venite. In: Quando siete felici, fateci caso. Edizione (molto) ampliata.

Ho una laurea in Ingegneria Informatica, che per anni ho pensato figlia di una pessima scelta, finché non mi sono accorta che l’informatica, in fondo, è solo uno dei tanti modi per trattare l’informazione. Al momento sono iscritta a Psicologia, che trovo sia un altro modo per dar senso alle cose. Per definirmi in breve possiamo dire che sono nel campo delle scienze cognitive. E con questo chiudiamo la presentazione. Tutto il resto sono chiacchiere.

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