#2022.5 Maggio

Il riassuntone che guarda all'estate.

#2022.5 Maggio

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Il mio professore di filosofia del liceo chiamava le settimane tra fine maggio e inizio giugno “il periodo delle interrogazioni sotto l’ombrellone”, per via delle ultime, disperate verifiche per recuperare voti prima delle vacanze. Noi di solito andavamo via tra fine agosto e inizio settembre, perciò quell’aria di mare in realtà non l’ho mai sentita molto. Fino a quest’anno. Complice il ponte del 2 giugno e gli anni tra pandemia e traslochi1 che ci hanno un po’ prosciugati, abbiamo caricato computer, Kira e bagagli e ci siamo trasferiti al mare per qualche giorno. Una vacanza-lavoro per recuperare un po’ di forze per gli impegni dei prossimi tre mesi.

Siamo venuti a riempire il pozzo, un po’ dicevamo nell’articolo di qualche giorno fa, che è stato un po’ la conclusione di questi primi mesi di articoli.

#1.11 Il pozzo
Quasi due anni fa sono tornata all’università. Rimettermi sui libri dopo i trent’anni è stato più naturale del previsto. Me lo chiedono in tanti, dico, com’è, ritornare a studiare. Ma io sono una di quelle persone che “non si finisce mai di imparare”. Non ho mai davvero smesso, perciò non so bene come rispondere per risultare credibile. Per me è più fac…

Sto sfruttando questi giorni di calma per riflettere sul percorso di Making Pictures fino ad oggi. Il mio dubbio più grande riguarda la struttura e l’eterogeneità degli argomenti trattati. A dire il vero, è una cosa voluta. Il mondo della fotografia su Internet ai nostri giorni è satura di tutorial. Che sono molto utili, nel mio difendere i discorsi liberi non voglio demonizzare i percorsi schematizzati, ma riducono troppo quello che per me è la complessità delle situazioni che si possono incontrare nello scattare fotografie.

D’altro canto, però, so di non essere una scrittrice così abile da riuscire a mettere insieme tanti fili diversi in un unico discorso che sia anche avvincente, di sicuro qualcosa si perde per strada. Scrivere non è il mio ambito, se qualcosa non risultasse chiaro scrivetemi pure su info@florianariccio.com. Non vi assicuro di riuscire a dipanare ogni dubbio, è più probabile che cominceremo a farci domande insieme. Il che, tutto sommato, per me non è una cosa così negativa.

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Quello che posso fare, da qui, è dire che le vostre parole lasciano un segno profondo in me e sono contributo importante per il futuro Making Pictures.

Argomenti trattati

Nell’articolo di inizio maggio abbiamo dedicato un bel po’ di spazio e parole alla fotografia come linguaggio. È un concetto che ho incontrato per la prima volta più o meno una decina di anni fa, quando ho cominciato a fotografare per lavoro oltre che per me stessa. Quella tra fotografia e linguaggio è un’associazione che può suonare chiara e diretta, ma che cos’è il linguaggio?

«What does it mean to be literate in photography? Superficially, it might suggest an ability to “read” a photograph, to analyse its form and meanings. But what about the making of photographs? We would argue that literacy is more than just a command of the mechanics of a particular “language”. It also takes into account fluency of expression and sensitivity to material». Photopedagogy, What is Photo Literacy?

Parlare di linguaggio è come aprire un vaso di Pandora dal quale si riversano fuori una marea di conoscenze, modelli e teorie in evoluzione.

Nella maggior parte dei percorsi di fotografia la parola è sempre usata come un mezzo neutro, il campo principale del pensiero per descrivere e prendere consapevolezza del proprio fare fotografia. Il che ha senso, la lingua è il mezzo principale in cui, in genere, ci scambiamo idee, formuliamo pensieri e comunichiamo agli altri la nostra realtà interna ed esterna.

Dall’altro lato, però, questo rinforza l’idea che il non saper formulare qualcosa a parole equivalga a non saperlo, è un difetto. Eppure ci sono molte cose che non possiamo spiegare a parole. Si sentono e basta.

«Quando fotografo, cerco di cogliere “l’insieme”. Questo significa fidarmi dell’istinto e dell’impulso del momento. Non posso farlo soltanto con il ragionamento». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.

Questo però non deve diventare una giustificazione per chi si nasconde dietro allo scudo del “è quello che sento e a me piace così”, dietro al talento e l’istinto. Ci sono persone che usano una macchina fotografica nascondendosi dietro al muro del sentire, che è un campo spesso molto misterioso, come se fosse un amuleto che giustifica tutto, quando i loro stessi sensi sono atrofizzati.

«Nel suo saggio Human Universe, Charles Olson postula che, a partire dai greci, il nostro sistema di linguaggio è diventato sempre più inerente alla descrizione di attività dell'intelletto e di concetti e ha perduto la sua capacità di esprimere esperienze in modo diretto [...]. La fotografia fornisce una finestra attraverso la quale possiamo vedere cose che ci fanno paura o con le quali non vogliamo avere un contatto diretto. Non si tratta solo di vedere cose che non sono disponibili o che non esistono più [...].». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.

Il linguaggio è un sistema complesso che coinvolge il dominio affettivo, cognitivo e motorio. La capacità di esprimersi è legata a tutti questi ambiti, riuscire a farli crescere e curarli tutti insieme ha un effetto sul linguaggio. E sulla fotografia.

«Photo Literacy is therefore a specific type of understanding that combines visual, linguistic, emotional and physical acuity». Leslie Owen Wilson, Understanding the Revised Version of Bloom’s Taxonomy.

Fare fotografie coinvolge pensiero, emozione e corpo. C’è un sito magnifico dove spesso mi schiarisco le idee: Photopedagogy.com. Questa riflessione deriva in parte da lì, avete il link per approfondire, riassumo nella formula “salsiccia e patate”:

  • In fotografia il dominio cognitivo riguarda tutto quello che pensiamo, capiamo e ragioniamo. Regole, nozioni tecniche e conoscenze. Questo vale sia quando guardiamo delle immagini che, e forse soprattutto, quando le produciamo. La comprensione di un linguaggio è alla base della produzione.
  • La fotografia è anche una pratica fisica. Il nostro corpo è uno degli strumenti che usiamo per fare le fotografie. Fotografare vuol dire acquisire fluidità, coordinare tutta una serie di movimenti e informazioni che viaggiano dai nostri occhi, al cervello ai muscoli. I movimenti che ripetiamo più spesso diventano procedure, sono quasi dei riflessi, costano poca fatica.
  • Per ultimo il dominio affettivo, che causa sempre un po’ di confusione. Non riguarda solo quello che troviamo piacevole oppure no, ma anche tutta la sfera dei valori, di come viviamo la fotografia e di quello che ci motiva. Le emozioni riguardano anche la sfera sociale, come interagiamo con i soggetti, come affrontiamo i problemi, la frustrazione.

Dei tre ambiti, in quello affettivo-emotivo più complicato essere onesti e sinceri, anche con sé stessi. Ognuno trova il proprio punto di equilibrio e lo modifica nel tempo, si allena con la pratica imparando a riconoscere le risposte emotive che sorgono nelle diverse situazioni, indagando fin dove riteniamo necessario. Con calma e pazienza, senza giudicare, è uno spazio complesso.

#1.10 La fotografia è un linguaggio
Uno dei miei ricordi più vecchi è di due fotografie che ho scattato al mare quando avevo sei anni. Ricordo sia la macchina fotografica che le immagini, il posto e l’ora. C’è una parte della nostra memoria a lungo termine che si chiama memoria episodica. Raccoglie gli engrammi

Appunti e Citazioni

«ALEXIS DAHAN —What is the difference between a skilled photographer and everybody with a telephone?

STEPHEN SHORE — I think it is a number of things. It is the intention because framework is part of the intention. But it is also the understanding of visual grammar. Let’s compare it with verbal language. You can take a picture that is in focus, well exposed, with content, a picture plane, and four edges, but even my cat can do this! And I mean that literally. Formally, it’s a complete photograph, even though it has been made without any sense of visual grammar or visual structure. On the other hand, while a photograph can be made without any sense of structure, in order to produce language you need a basic understanding of the structure of language». Alexis Dahan, Stephen Shore On photography Vs Instagram. Purple Magazine, 2015.
«Le lingue segnate che fanno uso anche della dimensione simultanea possono veicolare più dati di pensiero contemporaneamente. La possibilità del gesto di intrattenere un rapporto più diretto e immediato con le rappresentazioni sensibili […] ci permette inoltre di comprendere meglio il rapporto tra i sensi e le diverse forme di rappresentazione, come quelle artistiche: poesia, pittura, scultura.

[…] i sensi entrano in gioco nella costituzione delle esperienze umane e, in particolare, di quella estetica». T. Russo Cadorna e V. Volterra, Le lingue dei segni: storia e semiotica. Carocci editore, 2021.
«Photos are taken everywhere in the world, and people spend their lives seeing photos every day. I’ve come to think that photography has a nature not unlike language and that it has different dialects too. The way photos are taken, and the way they are viewed, is affected by both geography and history. There are a lot of traditions mixed in too. I think my photos belong to an American dialect. When I started taking photos and chasing after my style, the Internet hadn’t evolved to what it is now. So I was totally immersed in the American tradition. That meant it was quite ordinary that I would be looking at the photos of famous American photographers like Robert Adams or Stephen Shore. This couldn’t help but have an effect on my own viewpoint and photography technique». Alec Soth, Intervista New Cosmos of Photography.
«What does it mean to be literate in photography? Superficially, it might suggest an ability to “read” a photograph, to analyse its form and meanings. But what about the making of photographs? We would argue that literacy is more than just a command of the mechanics of a particular “language”. It also takes into account fluency of expression and sensitivity to material». Photopedagogy, What is Photo Literacy?
«Il linguaggio (o, meglio, “facoltà del linguaggio”) è il prerequisito per le lingue; rappresenta il “supporto” sul quale le lingue vengono poi “installate”. Il linguaggio viene di norma definito come una facoltà dell’uomo che gli consente di creare sistemi di comunicazione abbinando contenuti e mezzi di espressione. Esso fa parte della dotazione innata che ogni membro della specie possiede al momento in cui viene al mondo, più o meno come il fegato, il naso, i piedi, ecc.

[...]

Il linguaggio non ha una sede chiara ed unica nel nostro organismo (a differenza ad esempio dell’apparato digerente o respiratorio), ma sembra “distribuirsi” all’interno di esso (coinvolgendo, ad esempio, cervello, polmoni, cavità orale, naso (per le lingue verbali), braccia e mani (per lingue dei segni), ecc.). Ben poco possiamo dire dei geni che regolano le nostre abilità linguistiche (se non che la ricerca di un fantomatico gene del linguaggio si è ben presto rivelata una chimera)». Linguisticamente.org, Parliamo una lingua o un linguaggio?, da F. Masini e N. Grandi Tutto ciò che hai sempre voluto sapere sul linguaggio e sulle lingue. Bologna, Caissa Italia , 2017.
«Quando fotografo, cerco di cogliere “l’insieme”. Questo significa fidarmi dell’istinto e dell’impulso del momento. Non posso farlo soltanto con il ragionamento». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
«Nel suo saggio Human Universe, Charles Olson postula che, a partire dai greci, il nostro sistema di linguaggio è diventato sempre più inerente alla descrizione di attività dell'intelletto e di concetti e ha perduto la sua capacità di esprimere esperienze in modo diretto [...]. La fotografia fornisce una finestra attraverso la quale possiamo vedere cose che ci fanno paura o con le quali non vogliamo avere un contatto diretto. Non si tratta solo di vedere cose che non sono disponibili o che non esistono più [...].». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
«Una nozione ampiamente accettata sul dolore sembra essere che “distrugge il linguaggio”. Ma non è vero: lo cambia. Difficoltà non significa impossibilità. Il fatto che all’inglese manchi un lessico adeguato a tutto ciò che fa male non vuol dire che sarà sempre così, solo che i poeti e i mercanti che hanno inventato i suoi dizionari non hanno ancora - in materia di sofferenza - fatto il lavoro necessario». Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.
«Photo Literacy is therefore a specific type of understanding that combines visual, linguistic, emotional and physical acuity». Leslie Owen Wilson, Understanding the Revised Version of Bloom’s Taxonomy.
«Basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia». Italo Calvino, L’avventura di un fotografo da Gli amori difficili, Mondadori, 2016.
«Nessuna competizione. Mai dire all'artista che cosa il lavoro significa per lui o per lei (una lezione di critica non è psicoterapia) [...]. Possono riportare le associazioni che accadono nelle loro menti [...] purché riguardino il lavoro e non la persona che ha fatto il lavoro». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
«Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio». Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Mondadori, 2016.
«Having a shelf full of books that you haven’t read is better than a shelf full of books that you have read - and this part is important to me - I want my life to be about potential and inquiry rather than conquests». Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.
«Quello che Carlo Emilio Gadda aveva in mente, mettendosi a scrivere nel 1946 Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, era un romanzo poliziesco ma anche un romanzo filosofico. L’intreccio poliziesco era ispirato da un delitto avvenuto recentemente a Roma. Il romanzo filosofico era basato su una concezione enunciata fin dalle prime pagine: non si può spiegare nulla se ci si limita a cercare una causa per ogni effetto, perché ogni effetto è determinato da una molteplicità di cause, ognuna delle quali a sua volta ha tante altre cause dietro di sé; ogni fatto (per esempio un delitto) è come un vortice in cui convergono correnti diverse, mosse ognuna da spinte eterogenee, nessuna delle quali può essere trascurata nella ricerca della verità. Una visione del mondo come «sistema di sistemi» era esposta in un quaderno filosofico ritrovato tra le carte di Gadda dopo la sua morte (Meditazione milanese). [...] Ogni elemento d’un sistema è sistema a sua volta; ogni sistema singolo si collega a una genealogia di sistemi; ogni cambiamento d’un elemento implica la deformazione dell’intero sistema». Italo Calvino, Perché leggere i classici. Milano, Mondadori, 1995.
«È attraversare il paese della lingua fino alla soglia dove esso confina con il vuoto. Fino a quella linea dove l’invisibile manda i suoi lampi, l’enigma le sue rifrazioni. In questo cammino la prossimità alla cose è ascolto della loro sospesa e incantata resistenza al nulla. Una percezione si dispiega: l’appartenenza del vivente, di ogni forma vivente, all’orizzonte della finitudine». Yves Bonnefoy, Poesia e fotografia. O Barra O Edizioni, 2015.
«Per idee estetiche […] intendo quelle rappresentazioni dell'immaginazione che danno occasione a pensare molto, senza che però un qualunque pensiero determinato, cioè un concetto, possa essere loro adeguato e, per conseguenza, nessuna lingua possa perfettamente esprimerle e farle comprensibili […]. Le “idee estetiche”, in altri termini […] mostrano un’inesauribile eccedenza della forma sensibile rispetto al lavoro dell’unificazione concettuale […]». Pietro Montani, L’estetica contemporanea. Carocci, 2004.
«L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra scorgere un disegno, una prospettiva. L’opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l’esistente si cristallizza in una forma, acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in una immobilità minerale, ma vivente come un’organismo». Italo Calvino, Lezioni americane. Oscar Mondadori, 2017.
«As for muses, muses come and muses go. Muses use you up and suck you dry. Muses desert you. For some, the muse never actually appears.

A healthy relationship has to be made collaboratively - each of you gives and it coalesces into outcome after outcome, but the times of stasis should also be healthy». Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.
«Have patience with everything that remains unsolved in your heart. Try to love the questions themselves, like locked rooms and like books written in a foreign language. Do not now look for the answers. They cannot now be given to you because you could not live them. It is a question of experiencing everything. At present you need to live the question. Perhaps you will gradually, without even noticing it, find yourself experiencing the answer, some distant day». Rainer Maria Rilke, Letters to a Young Poet. Dover Publications, 2002.

Bibliografia

Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.

T. Russo Cadorna e V. Volterra, Le lingue dei segni: storia e semiotica. Carocci editore, 2021.

Italo Calvino, L’avventura di un fotografo da Gli amori difficili, Mondadori, 2016.

Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Mondadori, 2016.

Italo Calvino, Perché leggere i classici. Milano, Mondadori, 1995.

Alexis Dahan, Stephen Shore On photography Vs Instagram. Purple Magazine, 2015.

Linguisticamente.org, Parliamo una lingua o un linguaggio?, da F. Masini e N. Grandi Tutto ciò che hai sempre voluto sapere sul linguaggio e sulle lingue. Bologna, Caissa Italia , 2017.

Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.

Photopedagogy, What is Photo Literacy?

Rainer Maria Rilke, Letters to a Young Poet. Dover Publications, 2002.

Alec Soth, Intervista New Cosmos of Photography.

Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.

Leslie Owen Wilson, Understanding the Revised Version of Bloom’s Taxonomy.

Libri fotografici e Serie

Found Magazine, @found_zine.

Duane Michals, @duanemichals.

Elisa Moro, Existence is not an individual affair.

Chase Jarvis, The Best Camera is the One that’s with You, 2009.


  1. Nel 2020 abbiamo traslocato in una nuova casa dopo una ristrutturazione durata quasi sette anni e nell’estate del 2021 abbiamo spostato lo studio in una nuova sede.