#2022.6 Giugno
Il riassuntone di metà anno.
Eccoci qui, siamo arrivati alla metà del 2022. Anzi. L’abbiamo proprio superata.
I riassuntoni dovrebbero uscire l’ultimo giorno di ogni mese ma questo è un po’ in ritardo. Ora sarebbe il momento in cui, in genere, si da la colpa ad un problema tecnico, l’articolo era programmato ma non-so-proprio-perché non è partito.
Potrei far finta di niente oppure potrei scrivere che le ultime due settimane sono state un inferno, che ho dovuto destreggiarmi tra mille impegni cambiando le mie priorità. Ma, in realtà, l’ultimo periodo non è stato né più né meno incasinato del solito.
La verità è che mi sono dimenticata di revisionare l’articolo e di programmarlo per il 30 di giugno. Me ne sono ricordata solo ieri quando sono entrata per controllare l’articolo di questo giovedì. Odio mancare le scadenze, me ne vergogno un po’, e una buona scusa avrebbe salvato faccia e credibilità. Forse. Le scuse richiedono energia.
Nelle ultime due settimane ho perso proprio il sincro tra la percezione della mia realtà e quella esterna. Ogni mondo ha una propria frequenza, di solito vanno di pari passo ma altre volte no. In questo caso tutto può sembrare più difficile e faticoso. In più, fa caldo.
Sono entrata in modalità sopravvivenza e la memoria prospettica1 (ovvero il ricordo di compiere azioni nel futuro) è andata a farsi benedire. Pazienza. Da un lato mi da fastidio, ma dall’altro mi fa piacere sapere che c’è una parte di me pronta a fermarmi prima di strafare. Tempi come questi richiedono calma e comprensione, e di sfogare fastidio e aggressività verso obiettivi adeguati. Cosa ci stanno a fare le zanzare, se no?
Mentre sopravvivevo nella mia personale linea spazio-temporale Making Pictures ha superato i 50 iscritti (siamo quasi a 60, in realtà). È fantastico, grazie!
In questo periodo ho passato anche un bel po’ di ore a sperimentare alcune tecniche di stampa alternative. In particolare mi sto dedicando all’antotipia e alla cianotipia. Sono ancora nella fase di pratica in cui non vedo ancora risultati interessanti, ma i processi promettono bene. Come dicevo, ci vuole pazienza. Le tecniche analogiche2 sono sempre un buon allenamento ;)
Argomenti trattati
Il primo articolo è dedicato alle letture estive, un po’ come a scuola, a giugno arrivano i compiti per le vacanze. Ho riportato almeno un paio di mattoni che ho trovato interessanti e pertinenti con la fotografia, ma sono testi specifici di psicologia e filosofia, li ho messi solo per chi vuole approfondire.
Un testo che, invece, penso possa trovarsi bene sul comodino di molti fotografi è Insegnare fotografia. Note Raccolte di Philip Pérkis.
È molto facile da leggere e da spiluccare, c’è anche in versione e-book. Credo di averlo citato almeno una dozzina di volte qui dentro, forse è ora che lo ritiri. È essenziale, ma c’è tutto quello che serve, e anche di più.
Il secondo articolo è dedicato a tutti quelli che odiano presentarsi, in qualsiasi modalità possibile. Non è un tutorial, un po’ perché non sono in grado di spiegare come scrivere la presentazione perfetta (a patto che esista), un po’ perché credo sia un argomento troppo ampio per finire in un elenco puntato. Questo articolo è un discorso sull’identità.
L’argomento è vasto e complicato. Tutte le mani sudate, le voci tremolanti, le pagine bianche e le bozze cestinate fanno parte del processo, è normale. Non conosco fotografo che non vada un po’ in crisi di fronte alla richiesta di una bio o di uno statement. È una questione esistenziale, ma il trucco sta proprio nel non prenderla troppo sul serio. Bisogna giocarsi un po’ su.
«E adesso è arrivato il momento della lezione di scrittura creativa. Regola numero uno: non usate il punto e virgola. […] Dimostra soltanto che avete fatto l’università.
Mi rendo conto che alcuni di voi potrebbero avere difficoltà a capire se sto scherzando o meno». Kurt Vonnegut, In che modo la musica cura i nostri mali (e ce ne sono in abbondanza) in Quando siete felici, fateci caso. Edizione Kindle.
Appunti e Citazioni
«Non è solo la separazione tra mente e cervello a essere mitica: probabilmente anche la separazione tra mente e corpo è altrettanto fittizia». Antonio Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Milano: Adelphi, edizione 2021.
«La distinzione tra malattie del “cervello” e della “mente”, tra disturbi “neurologici“ e disturbi “psicologici” o “psichiatrici”, è una malaugurata eredità culturale che permea la società e la medicina: essa riflette un’ignoranza radicale della relazione tra cervello e mente. I disturbi del cervello sono visti come tragedie inflitte a individui che non possono essere biasimati per la loro condizione, mentre quelli mentali, specie se influiscono sulla condotta e sulle emozioni, sono visti come disagi sociali dei quali che ne soffre deve in buona misura rispondere. A chi ne risente devono rimproverarsi le pecche caratteriali, una carente modulazione delle emozioni e simili colpe; si ritiene che il problema consista soprattutto nella mancanza di forza di volontà». Antonio Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Milano: Adelphi, edizione 2021.
«Che chiunque riceve un’informazione, specialmente se fotografica, deve chiedersi perché e in che forma sia utile a chi la trasmette; poi chiedersi ancora in che modo nuoce a chi la riceve». Ando Gilardi, Meglio ladro che fotografo. Bruno Mondadori, edizione gennaio 2007.
«A - Non ho simpatia verso chi usa un potere, che crede di avere o che gli viene attribuito, per rendere infelice qualcuno.
P- Ma se gli si chiede un giudizio?
A - Io mi occupo di fotografia da mezzo secolo, ne ho fatte a quintali, ne ho riprodotte a tonnellate, ho scritto centinaia di articoli, saggi, libri sulla fotografia: nella misura in cui sono diventato un esperto, ho deciso di farlo per rendere felice chi mi chiede se le sue istantanee siano belle o brutte.
P- E se sono brutte?
A- Benedetto Croce ha scritto che dove c’è buona fede c’ è sempre un lampo di poesia. Se sono costretto a dare un parere inesorabilmente autorevole, non giudico la fotografia ma il fotografo: se è in buona fede le sue istantanee sono belle.
P - E se non lo sono?
A- Lei non capisce: se è in buona fede lo sono davvero. È persino un modo di dire: “metterci l’anima”. Se l’anima è bella è bella anche l’immagine». Ando Gilardi, Meglio ladro che fotografo. Bruno Mondadori, edizione gennaio 2007.
«Every artist gets asked the question, “Where do you get your ideas?” The honest artist answers, “I steal them”». Austin Kleon, Steal Like an Artist: 10 Things Nobody Told You About Being Creative. Edizione Kindle, Workman Publishing Company, Inc., 2012.
«Nothing is original». Austin Kleon, Steal Like an Artist: 10 Things Nobody Told You About Being Creative. Edizione Kindle, Workman Publishing Company, Inc., 2012.
«Di fatto, però, come osserverà con un’immagine famosa Francesco Bacone nel 1620, maghi, astrologi, alchimisti, con la loro mole imponente di esperimenti, si comportano come formiche, che accumulano tante cose senza alcun discernimento e senza alcuna elaborazione; ma, di converso, i dottori aristotelici, tuttora presenti e dominanti nelle università, si comportano come ragni, che tessono tele anche meravigliose, ma frutto esclusivo della loro bava, senza alcun rapporto con quanto avviene nel mondo. Il vero filosofo, lo scienziato nel senso moderno del termine, deve invece essere come l’ape, che prende dall’esterno il nettare, ma rielaborandolo personalmente lo trasforma in miele». Paolo Legrenzi, Storia della psicologia. Il mulino, edizione 2012.
«Diverso invece è dire che l’uso continuo di “menti esterne”, come uno smartphone collegato alla rete, introduce nuove strategie nell’uso delle capacità del cervello […] la disponibilità continua di Google cambia lo stile di stoccaggio e recupero delle informazioni di coloro che lo usano più spesso perché si tende a non mettere dentro la testa quel che si sa reperibile in questa “mente esterna” […] integrando la memoria naturale con quella artificiale». Paolo Legrenzi, Storia della psicologia. Il mulino, edizione 2012.
«Bring in the poetry. Bring in the tragedy. Bring in the comedy. Bring in the love stories». Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.
«If you start out trying to answer a thesis statement, you’ll probably wind up writing some attempt at a rulebook os user’s manual. Most rulebooks and user’s manuals are dreadfully boring to read. If instead you ask questions, of yourself, of the world, and of the things in the world wherein you find meaning, it’ll probably not be a rulebook. Or a user’s manual. And it’s pretty much guaranteed that it’ll be at least a thousand times more interesting for you to write and for others to read.
And that’s the thing: you just have to ask a lot of questions to get to the right questions.
Much of the writing around design and art feels like writing extended captions for images or case studies, with an introduction slapped on and a guest-written preface added. That isn’t storytelling. That is piecemeal, formulaic, market-driven writing. That kind of writing is essentially easy […] What is the personal, social and cultural value of what I do for a living?». Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.
«Poter parlare unicamente in nome di un non poter dire». Pietro Montani, L’estetica contemporanea. Il destino delle arti nella tarda modernità. Roma: Carocci editore, edizione marzo 2004.
«Per idee estetiche - scrive - intendo quelle rappresentazioni dell’immaginazione, che danno occasione a pensare molto, senza che però un qualunque pensiero determinato, cioè un concetto, possa essere loro adeguato e, per conseguenza, nessuna lingua possa perfettamente esprimerle e farle comprensibili». Pietro Montani, L’estetica contemporanea. Il destino delle arti nella tarda modernità. Roma: Carocci editore, edizione marzo 2004.
«Poiché le fotografie non hanno la presenza fisica della gran parte dei dipinti e delle sculture (la superficie, la trama, l'evidenza del gesto, la dimensione ecc...), allora il tratto distintivo della visione del fotografo non è facilmente distinguibile come, diciamo, nei quadri [...]. Questo fatto mantiene la fotografia un mezzo imprevedibile e sorprendente, poiché i termini usati tradizionalmente per discutere le arti visive non vi si applicano necessariamente. Le fotografie non possono essere altro che un ponte diretto tra il soggetto e lo spettatore. Lo spettatore può essere sia il fotografo stesso, sia un'altra persona che guarda la fotografia, sia entrambi. E come il fotografo sia giunto là è indescrivibile e misterioso. Chiunque voglia spiegarci l'intera questione e rendere logico e prevedibile il contenuto delle fotografie è destinato a fallire». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
«Forse l’aspetto più utile dell'esercizio dell’autoritratto è che il fotografo deve rinunciare, almeno in parte, al controllo (non sa che aspetto avrà l'immagine). Questo fatto può introdurre una persona all’idea del “caso” nella pratica artistica.
In questo senso, l’inquadratura e lo scatto perdono importanza e l’editing diventa fondamentale - come in realtà dovrebbe essere. Ancora meglio, se si abbandona l’aspetto letterale dell’immagine e si dà spazio alla metafora, allora a chi fotografa si può aprire un mondo completamente nuovo. Il concetto di caso e fortuna nel suo insieme è molto sottovalutato e troppo poco usato nella cultura europea-americana. Insisto a prendermi il merito per ogni cosa positiva che mi capita e nell’incolpare gli altri per ogni cosa negativa». Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
«Vi ritroverete a costruire o rafforzare la vostra comunità. Vi prego di amare questo destino, se si rivelerà il vostro: perché le comunità sono l’unica cosa di sostanza che c’è al mondo. Tutto il resto sono chiacchiere». Kurt Vonnegut, In che modo la musica cura i nostri mali (e ce ne sono in abbondanza) in Quando siete felici, fateci caso. Edizione Kindle.
«“Cosa fanno gli artisti?” Io farfugliai qualcosa. “Fanno due cose”, disse lui. “Primo, riconoscono che non possono rimettere in sesto l’intero universo. Secondo, fanno sì che almeno una piccola parte sia esattamente come dovrebbe essere”». Kurt Vonnegut, In che modo la musica cura i nostri mali (e ce ne sono in abbondanza) in Quando siete felici, fateci caso. Edizione Kindle.
«Volevo imparare a disegnare mappe per registrare tutto questo. Avrei pubblicato un sofisticato atlante delle geografie infernali dell’interno-corpo in forme multiple di dolore e le città, le guerre, le innovazioni agricole e le eruzioni topologiche che lì avvenivano.
Ma sarebbe stato sbagliato presentare il dolore come territorio - come presentarlo in forma metafisica. Nel dolore c’è sempre qualcosa da esplorare, ma mai nulla da conquistare. Non esiste un impero in un nervo». Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.
«Preferirei non scrivere nulla piuttosto che far propaganda del mondo così com’è». Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.
«L’illuminazione elettrica ha come cancellato il rapporto con la notte, con il suo cielo, con le stelle, con le figure che nella notte si possono delineare sebbene fiocamente al lume di una candela o di un fanale. È come se tutto, case, strade, angoli, facciate, fontane, alberi, fosse esposto all’occhio fotografico, diventasse pura materia, e il tempo fosse contratto, quasi cancellato. Una paura si insinua nelle sensazioni: il brivido della desertificazione, dell’irrealtà». Yves Bonnefoy, Poesia e fotografia. O Barra O Edizioni, 2015.
«Sottolineerò ora che questa inquietudine delle immagini, questo presentimento che esse hanno della realtà ostinata di ciò che lasciano fuori, furono avvertiti in modo più intenso che in precedenza da alcuni grandi artisti dell’epoca della filosofia dei Lumi.
Per quale motivo? Perché quel progetto di controllo della conoscenza del mondo e dell’esistenza attraverso la ragione coincise con quello di decostruire i miti che avevano fatto a meno di essa per edificare, spiegare, giustificare dei mondi, però insieme ai miti si è cancellato ciò che consentiva alla religione di esercitare il suo controllo su tutte le regioni - persino le più notturne - della realtà e della vita. Ciò ha posto il pensiero quasi sull’orlo dell’abisso, con una sensazione di vertigine, di angoscia, che la grande arte dell’epoca ha saputo esprimere. La vertigine nel constatare che non vi è più fondamento ai valori morali un tempo legittimati dall’essere divino. E di dover ormai assumere una responsabilità propriamente umana». Yves Bonnefoy, Poesia e fotografia. O Barra O Edizioni, 2015.
«La fantasia è un posto dove ci piove dentro». Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Mondadori, 2016.
«La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso». Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Mondadori, 2016.
«La percezione di avere un’identità personale e la consapevolezza che gli altri la riconoscano è condizione necessaria della sanità psichica». Identità in Enciclopedia Treccani.
«Il vero io, si sa, è una cosa rara. E che il vero io si esprima è ancora più raro. Dove esiste, di regola il vero io di una persona si rivela soltanto nella qualità della presenza di quella persona, oppure nelle sue azioni. Quasi tutti noi non siamo mai altro che un fascio di personalità contraddittorie e complementari. Il vero io, se la nostra convinzione di possederne uno è fondata, generalmente è muto, sepolto sotto il brusio delle voci conflittuali di personalità false, insignificanti. Come se il mutismo fosse la caratteristica universale di ogni vero io. Quando il vero io trova la parola e riesce a esprimersi, allora accade qualcosa di straordinario». Ted Hughes, introduzione ai Diari di Sylvia Plath.
«Esplorare la propria vita interiore senza riconoscere la nostra origine ed eredità animale è un esercizio vuoto, astratto. Bisogna osare il salto, mollare gli ormeggi per raggiungere un io autentico. L’originalità di uno scrittore si riconosce dal coraggio con cui ha osato lanciarsi nell’abisso, e da quanto questo è profondo». Ted Hughes, Lettere di compleanno.
«E adesso è arrivato il momento della lezione di scrittura creativa. Regola numero uno: non usate il punto e virgola. […] Dimostra soltanto che avete fatto l’università.
Mi rendo conto che alcuni di voi potrebbero avere difficoltà a capire se sto scherzando o meno». Kurt Vonnegut, In che modo la musica cura i nostri mali (e ce ne sono in abbondanza) in Quando siete felici, fateci caso. Edizione Kindle.
«Vlad the Impaler (b. 1431, Sighişoara, Transylvania) is an artist who mainly works with photography. By employing flat formal solutions, his photography has a distinct lack of visual drama in a way that echoes his undead soul. In turn, the image approaches an objective gaze where the subject, rather than the photographer’s perspective on it, is paramount. The Impaler’s images are flattened out, formally and dramatically, in the manner of the typologies and straight photography espoused by his teachers, Bernd and Hilla Becher. The Impaler’s best-known project is Mina, a series of 60 frontal, identically framed photographs of Wilhelmina Harker, the reincarnation of the artist’s centuries-dead wife, Elisabeta, staring deadpan into the camera. As a lifeless monster, he does not believe in psychological portrait photography the way his colleagues do. He is not trying to capture the character of his subject. He believes he can only show the surface; everything beyond that is up to the viewer. Due to his interest in reincarnation, authenticity and appropriation are of recurring interest to the Impaler. He further explored these ideas in Bran Castle, a photographic collection of portraits of the artist’s childhood home and other Transylvanian castles, all taken from the same angle with the light evenly distributed, and printed in identical size. The intense and obsessive nature of the Impaler’s project mirrors the soulless order of industrial production, a phenomenon that greatly altered the 500-year-old vampire’s world and worldview. Vlad the Impaler currently lives and works in Tampa, Florida». Liz Sales, I Write Artist Statements. Edizione Kindle.
Bibliografia
Yves Bonnefoy, Poesia e fotografia. O Barra O Edizioni, 2015.
Anne Boyer, Non morire. La nave di Teseo, edizione 2020.
Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Mondadori, 2016.
Antonio Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Milano: Adelphi, edizione 2021.
Ando Gilardi, Meglio ladro che fotografo. Bruno Mondadori, edizione gennaio 2007.
Austin Kleon, Steal Like an Artist: 10 Things Nobody Told You About Being Creative. Edizione Kindle, Workman Publishing Company, Inc., 2012.
Paolo Legrenzi, Storia della psicologia. Il mulino, edizione 2012.
Ian Lynam, The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers. Onomatopee, edizione 2020.
Pietro Montani, L’estetica contemporanea. Il destino delle arti nella tarda modernità. Roma: Carocci editore, edizione marzo 2004.
Philip Perkis, Insegnare fotografia (Note raccolte). Skinnerbox, serie Skinnerbox Note, II edizione settembre 2018.
Liz Sales, I Write Artist Statements. Edizione Kindle.
Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso. Edizione (molto) ampliata. Roma: Edizioni minimum fax, I edizione digitale gennaio 2017.
Libri fotografici e Serie
Duane Michals, Une visite chez Magritte.
Claude Cahun e Marcel Moore, Untitled (Claude Cahun in Le Mystère d'Adam), 1929.
Video
Per approfondire: https://www.stateofmind.it/2012/03/memoria-prospettica/. ↩
Se vi interessano i processi alternativi qui trovate un bel po’ di spunti: https://www.alternativephotography.com/processes/. ↩