#2022.8 Agosto
Il riassuntone delle giornate che si accorciano.
Di fronte casa mia c’è un rudere abbandonato. Il giardino è circondato da muri alti, non ci sono aperture. L’unica eccezione è un cancelletto arrugginito. Ci si potrebbe affacciare, ma le fessure tra le sbarre sono state bloccate con un pannello in vetroresina. Ho vaghi ricordi di chi ci abitasse. I casi sono due: o teneva molto alla sua privacy o si aspettava un’invasione zombie da un momento all’altro.
L’intera costruzione è una catastrofe in potenziale. Ogni inverno mi aspetto che una parte del tetto imploda o che uno dei muri a secco si riversi in strada. Nel complesso è una struttura che non serve a nessuno. Ma io al cancelletto con il suo pannello di vetroresina mi ci sono affezionata, ha un suo perché. Forse passando l’estate a cercare un dialogo con le entità esauste per la Residenza Pigra a Bassano del Grappa ho modificato il mio punto di vista su quello che trovo interessante e utile.
Il suddetto cancelletto funziona anche da orologio: passandoci davanti tutte le sere mi faccio un’idea in base alla quantità di luce che lo illumina dall’interno. Venerdì rientro dopo un paio di settimane circa lontana da casa e mi sembra che la luce sia troppo bassa e troppo calda per quell’ora. Le giornate sono davvero più corte, è stato come passare da giugno a settembre in un respiro.
Ci rendiamo conto dei cambiamenti solo quando possiamo paragonarli a qualcos’altro, ancorandoci a uno o più stadi diversi, e misurandone in qualche modo la distanza. Questo vale per gli oggetti fisici ma anche per qualcosa di meno tangibile, come il tempo. Anche il modo in cui vediamo si basa su contrasti e differenze. Ci confrontiamo nel passato ma anche nel futuro, mettendo sulla bilancia quello che potrebbe, o dovrebbe, essere.
Nell’ultimo articolo prima della pausa estiva ho scritto di sentire il bisogno di fermarmi per recuperare le energie e riempire la testa con tante cose nuove.
Immaginavo tutti i libri che avrei potuto iniziare e finire, i film da guardare, i luoghi che avrei voluto visitare. Anche solo quella nuova pizzeria che mi dicono tutti essere fenomenale. A volte ci confrontiamo con la versione ideale di noi stessi e nel farlo possiamo trovare la motivazione, la spinta, per fare un sacco di cose.
Altre volte questa versione ideale diventa un obiettivo irraggiungibile e, nel confronto, troviamo solo tutte le cose che non siamo riusciti a fare. I libri che sono rimasti lì, chiusi, sul comodino. La pizzeria che tra un paio di settimane sbaraccherà la veranda estiva e farà solo asporto. Lo sconforto di non essere all’altezza nemmeno delle proprie aspettative, per quanto basse possiamo percepirle.
Un paio di settimane fa ho cominciato a pianificare gli articoli per l’autunno e mi è preso il panico al pensiero di non avere niente di interessante da scrivere, se non una bella copia degli appunti di psicologia sociale su stereotipi e pregiudizi. Tutti, ogni tanto, abbiamo una voce nella testa che ci dice che non siamo abbastanza. E quando le diamo tutta la nostra attenzione, focalizzandoci solo su di essa, non c’è modo di smentirla. Perché tutte le prove che potrebbero contraddirla si trovano al di fuori della sua esperienza. Perché, in un modo o nell’altro, vede solo quello che conferma la propria ipotesi.
«Confirmation bias, the tendency to process information by looking for, or interpreting, information that is consistent with one’s existing beliefs. This biased approach to decision making is largely unintentional and often results in ignoring inconsistent information. Existing beliefs can include one’s expectations in a given situation and predictions about a particular outcome. People are especially likely to process information to support their own beliefs when the issue is highly important or self-relevant». B. J. Casad, Encyclopedia Britannica, 2019.
Siamo abituati da secoli a dar retta prima di tutto al pensiero, perché il cervello è la sede della ragione, e conoscenza e ragione sono guide valide ed affidabili. Giusto, no?
«The term ignorance gets its harshness from its negative value, particularly in historic Western culture. There is no doubt that the Classical strain of Western culture embraced the idea that knowledge is good and ignorance is a defect that requires remedy. Socrates and Plato took the extreme view that every vice and all societal evil ultimately derive from ignorance». Daniel R. DeNicola, Understanding Ignorance. The surprising impact of what we don’t know. The MIT Press, 2018.
Ma questa volta ho deciso di chiamare al banco dei testimoni anche il resto del corpo, i miei oggetti, le scarpe da ginnastica consumate, la pelle screpolata (pasticciare troppo a mani nude nel fissaggio non è buono), i ricordi delle emozioni. Non solo i pensieri. E lì si è aperto tutto il mondo di quello che ho fatto e che ho vissuto oltre ogni mio piano o aspettativa. E se non sono riuscita a barrare tutte le voci della lista che la mia mente razionale aveva preparato per me è perché ci sono state molte altre avventure che aveva più senso vivere, gente da incontrare, cose da imparare.
È vero: la persona ideale che pensavo sarebbe stata qui alla fine dell’estate non ha niente di interessante da dire. Perché non esiste. Ma ci sono io, un po’ secchiona e un po’ selvatica.
E ci siete voi! Mi ostino a non guardare le statistiche che il pannello di controllo di Substack offre per non dare un briciolo della mia energia in pasto al Grande Altro1, ma vi percepisco e sono così felice della vostra presenza. Grazie!
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E ora via con il riassunto degli articoli di agosto!
Argomenti trattati
Il primo articolo di agosto è stata la rassegna del cinema sotto le stelle. Guardare film è uno dei modi che preferisco per affinare l’occhio sulla composizione ma anche sulle tecniche narrative, sull’uso dei colori, sul ritmo. È facile, piacevole e accessibile.
Quando avevo vent’anni per andare a vedere un film che non fosse un blockbuster come minimo bisognava fare la tessera di una qualche associazione per il cineforum di chissà dove. E magari si riuscivano a guardare due o tre film AL MESE. Ora con tutte le piattaforme di streaming e soluzioni di noleggio online non ci sono più scure. L’esperienza del cineforum è magnifica, ma quando c’è bisogno di fare allenamento “di volume”, poterlo fare ad un prezzo contenuto dal divano di casa non è male.
Non sono una cinefila e so di avere un sacco di lacune (soprattutto sul cinema italiano, lo confesso). Sentitevi liberi di mandare consigli.
Tra le tante cose che gli psicologi ricercano c’è anche la spiegazione alla spinta all’azione dell’essere umano. Nel secondo articolo abbiamo parlato di qualcosa che noi tutti abbiamo o di cui sentiamo la mancanza: bisogni e motivazione.
I motivi sono degli interessi ricorrenti che orientano i processi cognitivi (come l’attenzione e la percezione), riflettono i bisogni interni e sono influenzati anche da altri fattori, come l’esperienza e la società. La motivazione, che molto spesso perdiamo e andiamo sempre cercando, è l’insieme dei fattori di avviamento che guidano e orientano il comportamento, e ne stabiliscono il mantenimento nel tempo.
Secondo la teoria dell’auto-determinazione di Deci-Ryan tutti gli essere umani hanno gli stessi tre gruppi di bisogni psicologici di base: autonomia, appartenenza e competenza. In questa prospettiva l’autodeterminazione è un continuum che va dallo stato di completa assenza di motivazione a quella più forte, interna. In questo ultimo stato si fa qualcosa per il puro piacere di farlo, senza aspettative o ricompense.
«At the far left of the self-determination continuum is amotivation, the state of lacking the intention to act. When amotivated, people either do not act at all or act without intent--they just go through the motions. Amotivation results from not valuing an activity (Ryan, 1995), not feeling competent to do it (Bandura, 1986), or not expecting it to yield a desired outcome (Seligman, 1975)». Richard M. Ryan and Edward L. Deci, Self-Determination Theory and the Facilitation of Intrinsic Motivation, Social Development, and Well-Being. American Psychologist, January 2000.
Appunti e Citazioni
«Negli anni Sessanta e Settanta il capitalismo ha dovuto affrontare il problema di come contenere e assorbire le energie che provenivano dal suo esterno. Adesso ha il problema opposto: avendo incorporato con fin troppo successo quanto gli era esterno, come potrebbe mai continuare a funzionare senza un “fuori” da colonizzare e di cui appropriarsi?» Mark Fisher, Realismo Capitalista. NERO, edizione 2018.
«If you want to implement ikigai in your life, you have to drop your beliefs about material success and the obsessive spirit of competition». B. Remus, The Art of Ikigai: How You Can Make Today the Best Day.
«When these needs are optimally supported, evidence suggests that people are more autonomous in their behaviors, are more likely to persist at their behaviors, and feel better overall». University of Rochester, Medical Center. Self-Determination Theory.
«At the far left of the self-determination continuum is amotivation, the state of lacking the intention to act. When amotivated, people either do not act at all or act without intent--they just go through the motions. Amotivation results from not valuing an activity (Ryan, 1995), not feeling competent to do it (Bandura, 1986), or not expecting it to yield a desired outcome (Seligman, 1975)». Richard M. Ryan and Edward L. Deci, Self-Determination Theory and the Facilitation of Intrinsic Motivation, Social Development, and Well-Being. American Psychologist, January 2000.
Bibliografia
Daniel R. DeNicola, Understanding Ignorance. The surprising impact of what we don’t know. The MIT Press, 2018.
Mark Fisher, Realismo Capitalista. NERO, edizione 2018.
B. Remus, The Art of Ikigai: How You Can Make Today the Best Day.
Richard M. Ryan and Edward L. Deci, Self-Determination Theory and the Facilitation of Intrinsic Motivation, Social Development, and Well-Being. American Psychologist, January 2000.
University of Rochester, Medical Center. Self-Determination Theory.
Il Grande Altro (Grande Autre) è un riferimento a Lacan ripreso da Realismo Capitalista di Mark Fisher nel capitolo Tutto ciò che è solido si dissolve nelle public relations. Ne parleremo più in là perché secondo me ci sono passaggi che meritano, ma il saggio nel complesso va servito a parte per favorirne la digestione. ↩