#P.5 Pop corn e fotografia
Cinema in seconda serata.
Diciamo la verità: agosto è bello perché la gente va in vacanza. Le città e i paesi si svuotano mentre le caselle email si riempiono di risposte automatiche. Le cose, per me, si fanno più lente. Anche quando scelgo di rimanere in studio a lavorare.
La sera tardi, dopo aver finito tutti gli impegni della giornata (o, meglio: dopo aver stabilito che è abbastanza, gli impegni sono sempre in potenziale), mi prendo un ghiacciolo, mi apro la porta finestra della sala e mi metto a guardare un film con il fresco che entra e la lupa che russa sul divano.
Ci sono film che diventano mini serie a puntate da venti minuti ciascuna. Questo è il tempo che reggo prima di addormentarmi. E ci sono mini serie che diventano film colossal che esaurisco tutto d’un fiato.
Un po’ di tempo fa ho iniziato una lista con tutti i film e serie in cui comparivano personaggi principali (o almeno ricorrenti) fotograf*. Mi interessa esplorare la rappresentazione di questa figura, un po’ per gioco, un po’ perché ci sono delle caratteristiche specifiche che appartengono allo stereotipo di chi a che fare con la fotografia (che non sono necessariamente vere, ma che formano l’immaginario comune) che è interessante osservare da fuori. Non l’ho ancora finita. Ho il sospetto che anche nel cinema, come nella vita reale, ci siano più fotograf* che cose da fotografare ;)
La seconda cosa che ho notato è che spesso il personaggio con la macchina fotografica quando non è losco è, come minimo, un po’ strambo. Almeno all’inizio.
Ma questa sera non vi parlerò di questa ricerca. Anche perché mi sto intestardendo a cercare personaggi che non siano uomini cis che spiano da dietro una siepe. Vorrei trovare storie, che non siano la biografia di un fotograf*, in cui la fotografia non sia usata solo come mezzo voyeuristico.
Ne riparleremo. Questi erano i trailer prima dell’inizio del film vero.
Questa sera in seconda serata vi propongo una rassegna di film che, per un motivo o per l’altro, hanno fatto fare click al mio cervello e mi hanno reso una fotografa migliore. O almeno con un bagaglio di conoscenze decisamente più abbondante. Non sono una cinefila e so di avere un sacco di lacune (soprattutto sul cinema italiano, lo confesso). Mandate consigli: non ho una vita sociale e un po’ di serate estive da riempire.
In the Mood for Love (2000)
Un film che voglio rivedere assolutamente perché ha una fotografia pazzesca. Hong Kong, fine degli anni ‘60. Su Li-Zhen e Chow Mo-Wan si trasferiscono nello stesso palazzo e da quel momento le loro vite collidono, si sfiorano, si allontanano. Si ritrovano. Forse. Tutto intorno le vite che popolano le loro stesse quattro mura.
Ha cambiato il mio modo di pensare e vedere la composizione.
Wandafuru Raifu (1998)
Spesso si parla di fotografia e memoria insieme, la prima in funzione della seconda, come mezzo per preservare i ricordi, così come si possono “salvare” le fotografie in un album. Il fatto è che la memoria è essenzialmente ricostruttiva, non esiste nessuna parte del nostro cervello che registra ogni fatto così come si è svolto.
Ma se esistesse un archivio di tutta la nostra vita e potessimo scegliere un solo ricordo da portare con noi, per sempre, dopo la morte: cosa sceglieremmo?
Banshun (1949)
Ho sempre fatto un po’ di fatica a “vedere” la composizione. Capirla non è difficile, ci sono un sacco di regole chiare che aiutano molto, soprattutto all’inizio. Ma il problema, per me, è che il mondo reale è un ammasso di informazione visiva. Non è facile fare ordine e mettere in un fotogramma l’essenziale senza che risulti povero, tutto quello che serve sapere senza il rumore di fondo.
La composizione è il motivo principale che mi ha avvicinata ai film di Yasujirō Ozu. Ma oltre alla composizione visiva ci ho trovato anche un modo di comporre la storia, di raccontare gli eventi, che mi ha aperto gli orizzonti.
Rashômon (1950)
Lo confesso: Kurosawa io faccio davvero tanta fatica a seguirlo. C’è davvero troppa roba che succede all’interno del fotogramma, l’azione in primo piano, il meteo sullo sfondo, le espressioni cariche. Se Ozu è un piacere, Kurosawa è un allenamento visivo di quelli tosti.
Ho inserito Rashômon in questa lista per il suo punto di vista sul concetto di realtà. La storia è abbastanza semplice, è un giallo: c’è un brigante, un omicidio e uno stupro. Personaggi diversi raccontano quella che dovrebbe essere la stessa vicenda, ma ognuno presentando la propria versione. La verità non è mai una sola.
Lo Scafandro e la Farfalla (2007)
Basato sul racconto autobiografico di Jean-Dominique Bauby. Il film è buona parte una lunga ripresa soggettiva dal punto di vista del protagonista. E funziona benissimo.
Tengo questo film in lista perché è bello da vedere, certo, ma anche per ricordarmi che quando c’è il senso e il lavoro, anche le idee che su carta suonano folli possono prendere vita.
The Secret Life of Walter Mitty (2013)
Dopo Kurosawa, Ozu e lo Scafandro e la Farfalla mettere Ben Stiller stona? Pazienza. Guardo un po’ di tutto e onestamente questo è uno dei film che riguardo sempre con molto piacere perché, sotto sotto, mi fa bene all’anima.
C’è la fotografia e c’è un protagonista che sogna ad occhi aperti. C’è la rivista Life (che da Making of an Argument mi fa sempre un po’ pensare alle scelte editoriali) e c’è un’occasione. In alcune scene forse siamo davanti alle avventure di un fantafotografo, all’evoluzione esageratamente veloce di un individuo bloccato verso la vita di avventure. Ma…serve anche una giusta dose di sogni ad occhi aperti per andare avanti in questa vita. Senza immaginazione e spirito di avventura saremmo fotografi migliori?
Logan (2017)
Ho un debole per gli X-Men da quando ero piccola. Ma in Logan si lasciano da parte le tutine colorate, i nemici volanti e l’estetica da cartone animato. Logan è un film di supereroi che ha un sapore reale, dove Logan/Wolverine deve trovare un modo per tirare a campare in un mondo che non offre tante occasioni mentre si prende cura (insieme a Calibano) dell’anziano Professor X, il telepate più potente della terra che sta perdendo il controllo dei propri poteri.
Lo trovo visivamente interessante (mi ricorda un po’ Mad Max: Fury Road). Lo tengo in lista anche per ricordarmi che le categorie si possono ampliare e modificare. Nel cinema, così come in fotografia, ci sono generi ritenuti più alti e raffinati di altri per tutta una serie di motivi. Finché non arriva un film che dimostra il contrario.
Midsommar (2019)
Partiamo dall’inizio: Midsommar è un horror. C’è la tensione e ci sono le scene truculente. C’è la primavera e un sacco di luce. Ci sono tanti fiori e una comune di persone che vivono pacifiche in mezzo alla natura festeggiando la primavera e i cicli della vita. E tutto questo disturba molto di più di qualsiasi mostro nascosto nel buio sotto il letto.
Da guardare con qualcuno in una giornata buona, a livello emotivo mi ha scombussolato abbastanza ma rimane lo stesso una delle cose più interessanti che ho visto quest’anno. Ed è pieno, pieno zeppo, di simboli e riferimenti interni. Fateci attenzione.
La Donna Elettrica (2018)
Film islandese, la protagonista Halla è la tranquilla direttrice di un coro ma anche una eco-terrorista che cerca di difendere la propria terra dallo sfruttamento delle multinazionali. Finché gli ideali e la vita personale non si scontrano.
Questo film per ricordarmi che non sempre si può affrontare tutto da soli.
Poetry (2010)
Yang Mi-ja è un’anziana che vive sola con il nipote. Vuole imparare a scrivere poesie mentre nel mondo intorno a lei accadono cose allucinanti. Le immagini di questo film hanno semplicità e immediatezza, leggerezza e potenza un po’ come le fotografie di Rinko Kawauchi. Ma l’aspetto che trovo più interessante (e che già ho trovato nei film di Ozu) è che gli eventi “pesanti”, importanti non vengono quasi mai mostrati direttamente. Si intuiscono, sono presenti in tutta la storia, ma la realtà rimane un insieme di frammenti quotidiani, di condizioni esterne e di scelte personali.
Apocalypse Now (1979)
C’è una marea di film che potrei inserire, andando avanti per cento voci almeno. Concludo con Apocalypse Now perché ha Vittorio Storaro come direttore della fotografia e perché è stata una delle pellicole consigliate nel primissimo corso di fotografia che ho seguito anni fa. Avrei potuto mettere anche L’ultimo imperatore, non amo particolarmente i film di guerra, ma ogni volta che devo considerare l’importanza delle ombre penso a Vittorio Storaro, ad Apocalypse Now e al colonnello Kurtz.
Guilty pleasure: Spider-Man
Quali film? Tutti.
Figlia della trilogia di Sam Raimi con Tobey McGuire, il primo DVD che è entrato in casa mia quando avevo sedici anni è stato appunto Spider Man. Non mi importano le esagerazioni, gli effetti speciali che funzionano o meno e tutto quello che fa blockbuster. Ho un debole profondo per questi film. Aggiungiamo anche che Peter Parker è uno di noi! Fotografo sfruttato e sottopagato, con il disagio addosso, che deve letteralmente fare i salti mortali mentre fa un secondo lavoro in segreto per portare immagini che piacciano al committente Daily Bugle ;)