#P.1 Letture estive
La lista (in)completa da un topo di biblioteca.
Sono rientrata da pochi giorni dalle vacanze. Ho letto un terzo dei libri che mi sono portata e dormito il triplo di quello che avevo preventivato. Nel complesso le due cose si sono compensate, mica male.
Fin da quando ho memoria la mia borsa viaggio è composta da: vestiti di ricambio, astuccio con matite e libri uno, due e tre. Minimo sindacale. Ai quali se ne aggiungeva sempre almeno un altro comprato per strada.
Leggo di tutto, tranne i romanzi rosa di Harmony, quelli non li ho mai aperti. Ma non li escludo a priori, chi sa mai, in futuro. Credo che mia nonna ne abbia letto più di uno. Vedova giovane, me la ricordo passare le estati a Varazze con quei viaggi per pensionati. Che vacanze affascinanti.
Comunque, torniamo a noi. Questo era per dire che leggo di tutto, anche le cose che non mi piacciono, con le quali posso anche non essere d’accordo. Paolini nel Racconto del Vajont dice che per diventare grandi bisogna leggere tutto, non si può sapere prima se è una porcheria.
Qui dentro ho citato molti libri che amo, ma ce ne sono anche altri che non consiglierei proprio alla cieca, senza una spiegazione. Altri invece no, proprio li dovete leggere secondo me, soprattutto se trattate con la fotografia.
Ecco qui una lista in ordine sparso. Sia mai che stiate cercando una lettura per l’estate e decidiate di prendere qualcosa che ho riportato qui dentro. Ci sono almeno un paio di mattoni, vorrei evitarvi la sorpresa!
L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano (Antonio R. Damasio)
Siamo nella sezione: PSICOLOGIA E NEUROBIOLOGIA.
«Non è solo la separazione tra mente e cervello a essere mitica: probabilmente anche la separazione tra mente e corpo è altrettanto fittizia».
Parto col dire che mi piace molto ma che lo sto leggendo con calma. L’ho iniziato qualche mese fa, procedo poco per volta. Alterna capitoli più divulgativi a sezioni molto più tecniche che restano comunque comprensibili, magari solo poco digeribili, anche senza basi di neurobiologia. Consigliato solo per chi si sente già un po’ nerd nel campo mente e cervello.
Ha già qualche anno, se non ricordo male la prima edizione è del 1994, ma rimane il libro più famoso (forse anche il primo) ad aver smontato la divisione corpo-mente, ragione-fisico, portata avanti dal filosofo René Descartes nel 1600 e che è alla base della nostra cultura. Ed è anche uno dei primi testi che trattano di emozioni.
«La distinzione tra malattie del “cervello” e della “mente”, tra disturbi “neurologici“ e disturbi “psicologici” o “psichiatrici”, è una malaugurata eredità culturale che permea la società e la medicina: essa riflette un’ignoranza radicale della relazione tra cervello e mente. I disturbi del cervello sono visti come tragedie inflitte a individui che non possono essere biasimati per la loro condizione, mentre quelli mentali, specie se influiscono sulla condotta e sulle emozioni, sono visti come disagi sociali dei quali che ne soffre deve in buona misura rispondere. A chi ne risente devono rimproverarsi le pecche caratteriali, una carente modulazione delle emozioni e simili colpe; si ritiene che il problema consista soprattutto nella mancanza di forza di volontà».
Meglio ladro che fotografo. Tutto quello che dovreste sapere sulla fotografia ma preferirete non aver mai saputo (Ando Gilardi)
Siamo nella sezione: FOTOGRAFIA.
«Che chiunque riceve un’informazione, specialmente se fotografica, deve chiedersi perché e in che forma sia utile a chi la trasmette; poi chiedersi ancora in che modo nuoce a chi la riceve».
Di Ando Gilardi non conosco molto, lo confesso, ma una cosa la posso dire: mi fa venire il prurito. Così, a pelle. Di questo libro mi da fastidio tutto, la carta, il font, il formato, l’odore ma soprattutto il tono di voce di Ando Gilardi. Mi sembra uno di quei signori che vengono a raccontarti come funzionano le cose. Quello che mi da più sui nervi, però, è che ci sono molti punti in cui mi ritrovo, per cui non posso cestinarlo. Un po’ più di pensiero e un po’ meno Ando Gilardi, forse. Purtroppo le prime impressioni sono dure a morire ma, a volte, possono essere anche un po’ sbagliate. Più di una cosa da questo libro l’ho imparata.
«A - Non ho simpatia verso chi usa un potere, che crede di avere o che gli viene attribuito, per rendere infelice qualcuno.
P- Ma se gli si chiede un giudizio?
A - Io mi occupo di fotografia da mezzo secolo, ne ho fatte a quintali, ne ho riprodotte a tonnellate, ho scritto centinaia di articoli, saggi, libri sulla fotografia: nella misura in cui sono diventato un esperto, ho deciso di farlo per rendere felice chi mi chiede se le sue istantanee siano belle o brutte.
P- E se sono brutte?
A- Benedetto Croce ha scritto che dove c’è buona fede c’ è sempre un lampo di poesia. Se sono costretto a dare un parere inesorabilmente autorevole, non giudico la fotografia ma il fotografo: se è in buona fede le sue istantanee sono belle.
P - E se non lo sono?
A- Lei non capisce: se è in buona fede lo sono davvero. È persino un modo di dire: “metterci l’anima”. Se l’anima è bella è bella anche l’immagine».
Steal Like an Artist: 10 Things Nobody Told You About Being Creative (Austin Kleon)
Siamo nella sezione: CREATIVITÀ.
«Every artist gets asked the question, “Where do you get your ideas?” The honest artist answers, “I steal them”».
Ho comprato questo libro più di dieci anni fa, forse per questo mi sembra strano che qualcuno possa non conoscerlo. Ogni tanto vado a sfogliarlo, molti pensieri ormai li ho in testa ed elaborati, mi sembrano ovvi. Ma ricordo che scoprire questo libriccino fu un fulmine a ciel sereno all’epoca, per questo lo riporto qui. Per le future generazioni, diciamo ;)
«Nothing is original».
Storia della psicologia (a cura di Paolo Legrenzi)
Siamo nella sezione: PSICOLOGIA.
«Di fatto, però, come osserverà con un’immagine famosa Francesco Bacone nel 1620, maghi, astrologi, alchimisti, con la loro mole imponente di esperimenti, si comportano come formiche, che accumulano tante cose senza alcun discernimento e senza alcuna elaborazione; ma, di converso, i dottori aristotelici, tuttora presenti e dominanti nelle università, si comportano come ragni, che tessono tele anche meravigliose, ma frutto esclusivo della loro bava, senza alcun rapporto con quanto avviene nel mondo. Il vero filosofo, lo scienziato nel senso moderno del termine, deve invece essere come l’ape, che prende dall’esterno il nettare, ma rielaborandolo personalmente lo trasforma in miele».
Questo è un vero e proprio manuale di storia della psicologia, di quelli che si usano a scuola. Non è molto spesso e la lettura è scorrevole. Lo consiglierei a chiunque si avvicini alla psicologia, per sviluppare un progetto o per interesse personale. Racconta lo sviluppo dello studio dell’uomo e della mente nei secoli, a partire dall’antichità fino ai giorni nostri.
«Diverso invece è dire che l’uso continuo di “menti esterne”, come uno smartphone collegato alla rete, introduce nuove strategie nell’uso delle capacità del cervello […] la disponibilità continua di Google cambia lo stile di stoccaggio e recupero delle informazioni di coloro che lo usano più spesso perché si tende a non mettere dentro la testa quel che si sa reperibile in questa “mente esterna” […] integrando la memoria naturale con quella artificiale».
The Impossibility of Silence: Writing for Designers, Artists & Photographers (Ian Lynam)
Siamo nella sezione: DESIGN E COMUNICAZIONE.
«Bring in the poetry. Bring in the tragedy. Bring in the comedy. Bring in the love stories».
Questo è un piccolo libro dall’aspetto molto economico ma che mi è piaciuto davvero parecchio. Mi ha aiutato a chiarirmi le idee su diversi aspetti che riguardano la progettualità e la comunicazione. NON è un manuale di scrittura o di stile, di quelli che ti dicono cosa sta bene fare oppure no, anche se ci sono diversi passaggi con consigli e pratiche. È più un percorso, forse. Un testo che accompagna il ragionamento nel momento in cui uno si trova a dover scrivere di un proprio progetto o lavoro e non sa da che parte iniziare. È solo in inglese, ma non è molto difficile.
Mi sbilancio, l’ho letto l’anno scorso e credo mi sia servito molto.
«If you start out trying to answer a thesis statement, you’ll probably wind up writing some attempt at a rulebook os user’s manual. Most rulebooks and user’s manuals are dreadfully boring to read. If instead you ask questions, of yourself, of the world, and of the things in the world wherein you find meaning, it’ll probably not be a rulebook. Or a user’s manual. And it’s pretty much guaranteed that it’ll be at least a thousand times more interesting for you to write and for others to read.
And that’s the thing: you just have to ask a lot of questions to get to the right questions.
Much of the writing around design and art feels like writing extended captions for images or case studies, with an introduction slapped on and a guest-written preface added. That isn’t storytelling. That is piecemeal, formulaic, market-driven writing. That kind of writing is essentially easy […] What is the personal, social and cultural value of what I do for a living?».
L’estetica contemporanea. Il destino delle arti nella tarda modernità (a cura di Pietro Montani)
Siamo nella sezione: ARTE E FILOSOFIA.
«Poter parlare unicamente in nome di un non poter dire».
Questo è un libro tosto. È una raccolta di saggi di autori diversi sull’estetica. Molto utile e interessante, ma da digerire lentamente. Non è una di quelle letture che si fa tutta di un fiato, è più un testo che si legge, non si capisce del tutto, si segnano delle parti e poi si riconsulta dopo un po’ di tempo. E magari ci si trova dentro qualcosa di diverso. Solo per lettori coraggiosi. Forse non è proprio la lettura più adatta da portare sotto l’ombrellone. Ma per l’autunno, magari.
«Per idee estetiche - scrive - intendo quelle rappresentazioni dell’immaginazione, che danno occasione a pensare molto, senza che però un qualunque pensiero determinato, cioè un concetto, possa essere loro adeguato e, per conseguenza, nessuna lingua possa perfettamente esprimerle e farle comprensibili.
Insegnare fotografia. Note raccolte (Philip Perkis)
Siamo nella sezione: FOTOGRAFIA.
«Poiché le fotografie non hanno la presenza fisica della gran parte dei dipinti e delle sculture (la superficie, la trama, l'evidenza del gesto, la dimensione ecc...), allora il tratto distintivo della visione del fotografo non è facilmente distinguibile come, diciamo, nei quadri [...]. Questo fatto mantiene la fotografia un mezzo imprevedibile e sorprendente, poiché i termini usati tradizionalmente per discutere le arti visive non vi si applicano necessariamente. Le fotografie non possono essere altro che un ponte diretto tra il soggetto e lo spettatore. Lo spettatore può essere sia il fotografo stesso, sia un'altra persona che guarda la fotografia, sia entrambi. E come il fotografo sia giunto là è indescrivibile e misterioso. Chiunque voglia spiegarci l'intera questione e rendere logico e prevedibile il contenuto delle fotografie è destinato a fallire».
Ho fatto fatica a trovare l’edizione italiana di questo testo, nel caso c’è l’edizione inglese disponibile in formato Kindle (Teaching Photography: Notes Assembled). Si tratta di un insieme di appunti che trattano aspetti diversi della fotografia. Preferisco questo formato ai classici manuali e tutorial. Anche se a prima vista può sembrare poco strutturato (lo è, in effetti), ho l’impressione di leggere pensieri e ragionamenti onesti sulla pratica fotografica.
«Forse l’aspetto più utile dell'esercizio dell’autoritratto è che il fotografo deve rinunciare, almeno in parte, al controllo (non sa che aspetto avrà l'immagine). Questo fatto può introdurre una persona all’idea del “caso” nella pratica artistica.
In questo senso, l’inquadratura e lo scatto perdono importanza e l’editing diventa fondamentale - come in realtà dovrebbe essere. Ancora meglio, se si abbandona l’aspetto letterale dell’immagine e si dà spazio alla metafora, allora a chi fotografa si può aprire un mondo completamente nuovo. Il concetto di caso e fortuna nel suo insieme è molto sottovalutato e troppo poco usato nella cultura europea-americana. Insisto a prendermi il merito per ogni cosa positiva che mi capita e nell’incolpare gli altri per ogni cosa negativa».
Quando siete felici, fateci caso. Edizione (molto) ampliata (Kurt Vonnegut)
Siamo nella sezione: RACCOLTA DI CONFERENZE.
«Vi ritroverete a costruire o rafforzare la vostra comunità. Vi prego di amare questo destino, se si rivelerà il vostro: perché le comunità sono l’unica cosa di sostanza che c’è al mondo. Tutto il resto sono chiacchiere».
Su questo libro il mio giudizio potrebbe essere un pochino offuscato dal mio amore per Vonnegut MA secondo me è una lettura interessante e scorrevole, perfetta per l’estate. Si tratta di una raccolta dei discorsi tenuti dall’autore ai laureandi tra il 1978 e il 2004. Sono passati già alcuni anni, ma io li trovo un sacco attuali.
«“Cosa fanno gli artisti?” Io farfugliai qualcosa. “Fanno due cose”, disse lui. “Primo, riconoscono che non possono rimettere in sesto l’intero universo. Secondo, fanno sì che almeno una piccola parte sia esattamente come dovrebbe essere”».
Non morire (Anne Boyer)
Siamo nella sezione: SAGGI.
«Volevo imparare a disegnare mappe per registrare tutto questo. Avrei pubblicato un sofisticato atlante delle geografie infernali dell’interno-corpo in forme multiple di dolore e le città, le guerre, le innovazioni agricole e le eruzioni topologiche che lì avvenivano.
Ma sarebbe stato sbagliato presentare il dolore come territorio - come presentarlo in forma metafisica. Nel dolore c’è sempre qualcosa da esplorare, ma mai nulla da conquistare. Non esiste un impero in un nervo».
Questo è un altro libro che forse non è il caso di portare sotto l’ombrellone, ma è meraviglioso. È straziante, forse questo è il termine più adatto, ma contiene moltissima onestà e verità. Secondo me fondamentale per tutti quelli che indagano il tema del dolore (o che possono avere a che fare con un qualche tipo di sofferenza o disagio).
«Preferirei non scrivere nulla piuttosto che far propaganda del mondo così com’è».
Poesia e fotografia (Yves Bonnefoy)
Siamo nella sezione: SAGGI.
«L’illuminazione elettrica ha come cancellato il rapporto con la notte, con il suo cielo, con le stelle, con le figure che nella notte si possono delineare sebbene fiocamente al lume di una candela o di un fanale. È come se tutto, case, strade, angoli, facciate, fontane, alberi, fosse esposto all’occhio fotografico, diventasse pura materia, e il tempo fosse contratto, quasi cancellato. Una paura si insinua nelle sensazioni: il brivido della desertificazione, dell’irrealtà».
Ho comprato questo libro in offerta su Amazon (è davvero minuscolo) e non è stato per niente quello che mi aspettavo. Ho fatto un po’ di fatica a leggerlo, forse anche perché ci sono citazioni ad altri autori che non conoscevo e sono dovuta andarmeli a cercare, ma alla fine mi è piaciuto molto. Più che parlare di fotografia e poesia mi sembra una fotografia della poesia ma rimessa in parole. Oppure la fotografia in poesia. Non lo so, non mi è ancora chiaro.
Vi lascio qui due citazioni un po’ spesse, così potete valutare da soli. Tenete conto che tutto il libro è più o meno così.
«Sottolineerò ora che questa inquietudine delle immagini, questo presentimento che esse hanno della realtà ostinata di ciò che lasciano fuori, furono avvertiti in modo più intenso che in precedenza da alcuni grandi artisti dell’epoca della filosofia dei Lumi.
Per quale motivo? Perché quel progetto di controllo della conoscenza del mondo e dell’esistenza attraverso la ragione coincise con quello di decostruire i miti che avevano fatto a meno di essa per edificare, spiegare, giustificare dei mondi, però insieme ai miti si è cancellato ciò che consentiva alla religione di esercitare il suo controllo su tutte le regioni - persino le più notturne - della realtà e della vita. Ciò ha posto il pensiero quasi sull’orlo dell’abisso, con una sensazione di vertigine, di angoscia, che la grande arte dell’epoca ha saputo esprimere. La vertigine nel constatare che non vi è più fondamento ai valori morali un tempo legittimati dall’essere divino. E di dover ormai assumere una responsabilità propriamente umana».
Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio (Italo Calvino)
Siamo nella sezione: ITALO CALVINO (fa una sezione a sé).
«La fantasia è un posto dove ci piove dentro».
Calvino non ha bisogno di presentazioni, vero?
Ho riletto le Lezioni Americane la settimana scorsa dopo qualche anno e sono sempre stupefacenti. La conferenza che si ricorda più di frequente è la prima, quella sulla leggerezza. Ma anche molteplicità e visibilità sono tra le mie preferite.
«La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso».